transizione energetica dell’Uruguay
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La transizione energetica dell’Uruguay: fino al 98% di rinnovabili

In chiusura della recente Cop28 di Dubai si è finalmente messo nero su bianco il necessario superamento dei combustibili fossili, unica reale via percorribile per far rallentare i cambiamenti climatici. Di certo c’è tantissimo lavoro da fare: in Unione Europea, per esempio, attualmente meno del 40% dell’energia elettrica viene prodotta da rinnovabili. C’è però qualcun altro che già da tempo ha intrapreso la via delle rinnovabili, e che ora è a pochi passi dal cancellare definitivamente l’uso dei combustibili fossili. In questo senso, la transizione energetica dell’Uruguay non può che essere presa come un esempio da seguire: il Paese sudamericano produce infatti tra il 90% e il 95% della propria energia elettrica in modo rinnovabile, con punte del 98% negli anni più favorevoli. Di certo non si è arrivati a questo punto velocemente, né in modo casuale: tutto inizia intorno al 2008, quando i prezzi dei combustibili fossili avevano raggiunto prezzi particolarmente alti, costringendo l’Uruguay a trovare delle alternative all’importazione di energia. La transizione energetica dell’Uruguay, quindi, è mossa prima di tutto da una motivazione economica, cosa che deve far riflettere: ecco qualche dettaglio in più.

L’Uruguay, un Paese sudamericano atipico

Per capire la transizione energetica dell’Uruguay è bene sapere qualcosa in più su questo Paese. Schiacciato tra Brasile e Argentina, l’Uruguay conta 3,4 milioni di abitanti, con una popolazione quindi di poco inferiore a quella della Toscana. Il PIL pro capite di questo Paese è il più alto del continente, e attualmente la frazione di popolazione in condizioni di povertà o estrema povertà è molto ridotta: il 60% della popolazione forma una classe media in rapida espansione.

A spiegare la transizione energetica dell’Uruguay ci sono ovviamente anche dei fattori legati al suo territorio, il quale è “baciato dal vento”. Vento che può così alimentare i circa 50 parchi eolici costruiti nel Paese negli ultimi 15 anni. Ed è proprio l’eolico, insieme all’idroelettrico, a costituire il grosso della rete uruguaiana: il vento e l’acqua hanno quindi portato alla quasi completa decarbonizzazione energetica del Paese.

Una questione di narrativa

Come rilevato dal Guardian in un pezzo dedicato alla transizione energetica dell’Uruguay, non sono mancati gli ostacoli. A partire da quelli tecnici, come quelli relativi al trasporto delle grandi turbine eoliche lungo percorsi stretti e difficilmente affrontabili senza lavori ad hoc. Ma a frenare la transizione energetica di questo Paese sudamericano è stato dapprima anche il modo di guardare alle rinnovabili: nel 2008 in molti, pensando alle rinnovabili, pensavano infatti alla poca costanza, alla difficoltà di soddisfare il fabbisogno nazionale, e via dicendo. Ecco che allora in Uruguay si è lavorato prima di tutto per dimostrare la convenienza delle rinnovabili, più economiche e meno soggette alle fluttuazioni di prezzo, così da rendere l’eolico e l’idroelettrico vie da percorrere anche per chi non “credeva” ai cambiamenti climatici.

Oggi, va sottolineato, ci sono degli uruguaiani che si lamentano che, nonostante la “convenienza” delle rinnovabili, le bollette non si siano abbassate. Va però riportato il fatto che in questi anni la povertà è passata dal 40% al 10%, con le case che si sono popolate di climatizzatori, di TV con schermi giganti, di lavatrici e via dicendo, aumentando in modo considerevole i consumi elettrici delle famiglie.

I passi successivi della transizione energetica dell’Uruguay

La transizione energetica dell’Uruguay non è ancora terminata: i prossimi passi saranno quelli relativi all’utilizzo dell’energia, continuando lungo la strada della conversione dei mezzi pubblici. Sarà poi necessario potenziare la rete delle rinnovabili, in modo da distaccarsi completamente dai combustibili fossili.

Ogni Paese ha caratteristiche differenti, sapendo per esempio che di volta in volta è preferibile puntare su fotovoltaico, eolico onshore e offshore, idroelettrico, e via dicendo: di certo però il percorso fatto dall’Uruguay può essere visto come un modello da prendere a riferimento.