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Urbanistica

Città-spugna per contrastare le inondazioni violente

Bombe d’acqua che lasciano una scia di distruzione. Negli ultimi due mesi abbiamo assistito a un’ondata di eventi calamitosi che hanno messo in ginocchio diverse aree del mondo e hanno devastato interi centri urbani. A fine agosto il violento nubifragio che ha colpito il sud est asiatico ha paralizzato Mumbai, poi è stata la volta di Houston, negli Usa, e anche Berlino ha dovuto affrontare una delle tempeste più gravi della storia del paese. Una situazione allarmante che sembra aggravarsi di anno in anno. La scienza è pressoché coesa nel rintracciare la causa di tutta questa violenza naturale: il cambiamento climatico. Il riscaldamento globale sta provocando l’inasprimento degli eventi temporaleschi che si abbattono con una furia incontrollabile, provocando danni soprattutto nelle città, specie in quelle costiere o attraversate da bacini fluviali. Se è vero che il fenomeno dei cambiamenti climatici va affrontato con modifiche radicali nelle politiche energetiche e progettuali è altrettanto vero che in uno stato di emergenza è necessario in primo luogo difendersi. Come? In molte parti del mondo si sta cercando di adottare alcune pratiche che rispondono al modello delle cosiddette città-spugna.

Città-spugna per una maggiore resilienza

Inserite nell’ottica di uno sviluppo resiliente, le città-spugna, lo si deduce dal nome, sono quelle città che mettono in atto alcune soluzioni per evitare che l’acqua dirompi, assorbendola e, laddove possibile, recuperandola per destinarla a nuovi usi. L’ultima città che ha annunciato dei provvedimenti a riguardo è proprio Berlino, che ha sviluppato un progetto che prevede diversi interventi. Si va dall’incremento dei parchi pubblici all’implementazione di swales, sistemi che hanno hanno la funzione di accumulo e raccolta dell’acqua sia nel terreno sia nella falda freatica. L’obiettivo insomma è quello di abbandonare le tradizionali pratiche di canalizzazione dell’acqua per adottare nuove soluzioni di drenaggio più efficienti ed efficaci.

Melbourne e Londra puntano sui rain gardens

Anche Melbourne, in Australia, sta investendo molto nel progetto di realizzare migliaia di rain gardens sparsi per la città, che dovranno fungere da elementi per l’assorbimento delle acque in eccesso con l’obiettivo ultimo di gestire e controllare le frequenti inondazioni costiere. Stessi interventi sono stati portati avanti da Londra che negli ultimi anni ha puntato molto sulle aree verdi grazie progetto 100 Pocket Parks che, parte del programma London’s Great Outdoors, ha previsto la realizzazione di 100 nuovi parchi tascabili in 26 quartieri sparsi per la città. Oltre a contribuire alla riduzione dell’inquinamento e alla purificazione dell’aria i giardini urbani tascabili rispondono anche all’esigenza di aumentare la resilienza della metropoli.

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Danimarca in prima linea per città ‘a prova di cambiamento climatico’

Non si può poi non pensare alla Danimarca e in particolare alla città di Copenaghen, che è particolarmente soggetta a violenti nubifragi e a un innalzamento del livello del mare. Negli ultimi anni, specie dopo il nubifragio che nel 2011 provocò danni per oltre un miliardo di dollari alla città, si è iniziato a investire in una serie di progetti ‘a prova di cambiamento climatico’.

In diversi quartieri della capitale danese si stanno sperimentando soluzioni che prevedono soprattutto la realizzazione di bacini di raccolta delle acque, oltre all’incremento delle aree verdi. Nel quartiere di San Kjeld l’asfalto è stato sostituito con un tappeto erboso, che è stato disposto secondo un andamento collinare. In questo modo, nell’eventualità di ulteriori nubifragi o inondazioni, i tanti parchi verdi del quartiere potranno trasformarsi automaticamente e senza danni in altrettanti bacini idrici. Al flusso controllato dell’acqua piovana contribuirà poi un innovativo sistema di tubature, in grado di incanalare le acque piovane lungo le strade e quindi verso il porto, minimizzando gli eventuali danni.

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Copenaghen: il parco urbano trasformato in bacino idrico

Lo scorso anno è stato approvato un altro progetto in un’altra area della città di 22mila mq, che punta innanzitutto sul verde, con la trasformazione del grande parco urbano in un bacino di raccolta di acqua piovana dalla capacità massima di 18mila metri cubi d’acqua. L’acqua in eccesso verrà guidata verso una via d’acqua artificiale vicina per essere filtrata, depurata e quindi riutilizzata. Lo stesso concetto è applicato a tutte le strade del quartiere grazie a dei sistemi di raccolta e filtraggio dell’acqua posti tra il marciapiede e la carreggiata. L’inizio dei lavori è previsto per il 2019, con termine entro il 2022.

Il modello di città-spugna nasce in Cina

Il concetto di città-spugna sembra però essere stato concepito per la prima volta dal governo cinese che, in seguito a una serie di inondazioni che hanno messo in ginocchio diversi centri urbani, Pechino fra tutti, ha scelto di investire in un maxi-progetto volto a una maggiore resilienza, puntando soprattutto sull’implementazione di superfici impermeabili e infrastrutture verdi. A differenza dei progetti simili che si stanno realizzando nel resto del mondo, quello della Cina ha un obiettivo ambizioso: entro il 2020 l’80% delle aree urbane dovrebbe assorbire e riutilizzare almeno il 70% dell’acqua piovana.

Lingang New City, una città-spugna in chiave smart

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Il nuovo agglomerato urbano che sta sorgendo nell’area di Pudong, a 65 chilometri da Shanghai, chiamato Lingang New City, ha tutte le caratteristiche dell’innovativo modello di città-spugna. Tetti coperti da vegetazione, zone umide per la cattura delle acque piovane, pavimentazioni permeabili e un grande lago al centro. Il governo cinese ha investito 119 milioni di dollari per l’implementazione di una serie di soluzioni innovative che dovrebbero fungere da test per un eventuale replica in altre città del continente.

Gli investimenti scarseggiano e i progetti si fermano

Ed è proprio la questione economica al centro di una serie di rallentamenti che si stanno verificando in tutte le città cinesi che sono state selezionate per un’opera di riqualificazione resiliente. Finora sono stati investiti 12 miliardi di dollari per la trasformazione dei centri urbani in città-spugna. Il governo cinese finanzia circa il 15-20% dei costi e la parte restante viene divisa fra governi locali e investitori privati. Purtroppo però il maxi-progetto è coinciso con un periodo di stallo dell’economia  cinese e questo sta mettendo a repentaglio la realizzazione di interventi che sarebbero di primaria importanza per un paese dove il livello di inquinamento è elevatissimo e dove per decenni si è costruito in modo selvaggio senza pensare alle conseguenze ambientali.