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Almeno 100 elefanti morti per siccità in Zimbabwe

Al mondo esistono tre specie di elefanti: due vivono in Africa, rispettivamente nelle savane e nelle foreste; una vive in Asia. Tutte e tre sono a rischio estinzione. Ma quali sono le principali minacce che mettono in pericolo il più grande mammifero terrestre vivente sul nostro Pianeta? Si parla soprattutto della perdita e della frammentazione dell’habitat, fenomeno causato dall’espansione umana e dalla deforestazione causata da piantagioni intensive (come quelle per l’olio di palma). Non è tutto qui, come è noto la popolazione di elefanti si è ridotta grandemente nel tempo per via del bracconaggio, alimentato dal commercio illegale dell’avorio. Il quale per l’appunto è bandito, ma continua ancora oggi a tradursi in tantissimi elefanti morti: in particolar modo, durante la pandemia – per via del venir meno dei turisti e della riduzione della sorveglianza – il bracconaggio è aumentato in modo concreto. Ma c’è anche un’altra grande minaccia che mette in pericolo gli elefanti: la recente siccità che ha colpito lo Zimbabwe ha portato come minimo a 100 elefanti morti, all’interno più grande parco nazionale del Paese, l’Hwange National Park. Dietro a questo micidiale periodo siccitoso ci sarebbe la combinazione dei cambiamenti climatici e di El Nino.

Gli elefanti morti per via della siccità

Come spiegato dal portavoce dell’Hwange National Park, un elefante di medie dimensioni ha bisogno di una quantità giornaliera di acqua pari a circa 200 litri, considerando peraltro che la quantità d’acqua aspirata dalla proboscide è di 12 litri circa per ogni “sorso”. Parliamo di animali che passano fino a 18 ore al giorno ad alimentarsi, tra radici, germogli, frutti e foglie, e che usano l’acqua non solo per dissetarsi, ma anche per fare frequentemente dei bagni di fango. Questi sono infatti indispensabili per regolare la loro temperatura corporea, nonché per tenere lontani i parassiti. Si capisce quindi che, in caso di siccità, proprio gli elefanti sono tra i primi animali a soffrire per la mancanza d’acqua. Ecco che allora tra gli elefanti morti per via della siccità nell’Hwange National Park ci sono soprattutto gli esemplari più giovani, nonché quelli più vecchi o malati, ovvero quelli che non hanno le forze necessarie per spostarsi sulle lunghe distanze per raggiungere delle fonti d’acqua.

La siccità che ha colpito lo Zimbabwe

Questa non è certo la prima volta che un lungo periodo siccitoso porta a un alto numero di elefanti morti: qualcosa di simile era successo anche nel 2019, quando nell’Hwange National Park si contarono più di 200 elefanti morti per la mancanza d’acqua. Va peraltro sottolineato che, a morire, non sono solamente questi enormi pachidermi: anche altre specie sono in pericolo per lo stesso motivo. Purtroppo, non ci sono reali soluzioni a breve termine. È noto infatti che El Nino, che come è noto è un fenomeno meteorologico naturale che riscalda parti del Pacifico, continuerà a mantenere basse le precipitazioni nell’Africa meridionale. Questo, va detto, dopo aver causato di recente delle terribili inondazioni in Africa orientale.

Nello Zimbabwe, nello specifico, la stagione delle piogge è iniziata con molte settimane di ritardo, e le previsioni parlano di un’estate torrida e secca: i cambiamenti climatici sono infatti pronti a rendere gli effetti di El Nino ancora più forti. Il personale nell’Hwange National Park si è dato da fare per rimuovere velocemente le carcasse degli elefanti morti, così da non attirare dei bracconieri alla ricerca di avorio, mentre il gruppo Bhejane Trust ha lavorato per pompare quotidianamente 1,5 milioni di litri d’acqua nelle pozze del parco. Nel quale, va detto, non scorre nessun fiume vero e proprio; si contano invece circa 100 pozzi, dai quali viene estratta dell’acqua grazie a delle pompe alimentate dall’energia solare.